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Quanto ci costerebbe il Grexit? Un bel niente.

Lug 7, 2015 | M5S in Parlamento, Uncategorized |

La propaganda ha già dato fiato ai trombettieri. È partito il rullo dei tamburi del terrorismo psicologico a mezzo stampa: “Attenzione, cari italiani, un’eventuale Grexit ci costerebbe mille euro cadauno”. A destra e a sinistra si legge che l’irresponsabilità di Tsipras divorerebbe in pratica un anno dei preziosi 80 euro di Renzi. Una vera sciagura (per chi li ha visti) che fa il paio con l’abominio di un referendum che non s’aveva da fare.

Beh, a parte la risibilità di un calcolo che ha semplicemente preso i circa 60 miliardi della nostra esposizione verso la Grecia e li ha divisi per 60 milioni di italiani (ecco i mille euro sul groppone di ogni cittadino del Bel Paese), una volta tanto basta prendere

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le parole del ministro Padoan per radere al suolo le bufale propalate da certa stampa. “Smentisco che il default greco produrrebbe un aumento del debito: è già tutto contabilizzato“, ci ha detto pochi giorni fa il titolare dell’Economia in un’intervista al Corriere della Sera. Tutto il resto è noia.

Ma soprattutto, gli unici crediti bilaterali diretti dell’Italia verso Atene ammontano a 10 miliardi di euro, soldi che peraltro i greci dovrebbero iniziare a sborsare solo nel 2020. Dunque, le eventuali passività che ne deriverebbero non sono state ancora nemmeno contabilizzate in sede previsionale. Fra cinque anni la Grecia potrebbe pure aver fatto in tempo ad uscire dall’euro e a rifiorire con una moneta sovrana.

Per il resto, la nostra esposizione è fatta di garanzie che abbiamo dato ai fondi sovranazionali e di crediti relativi alle quote che deteniamo nell’Eurosistema delle banche centrali. In sostanza, istituzioni che non verrebbero a bussare cassa in modo automatico all’erario italiano (la Bce ha addirittura fatto quasi 2 miliardi di profitti con i bond ellenici acquistati in regime di Securities Markets Programme).

Parliamo in dettaglio di:
– 23 miliardi di esposizione verso la Grecia sui 130,9 miliardi del fondo Efsf ;
– quasi 7 miliardi di esposizione sul totale di 54 miliardi dell’Eurosistema (34 di liquidità ordinaria alle banche greche e 20 miliardi di bond greci acquistati dalla Bce tramite il Smp);
– 11 miliardi di esposizione (sempre corrispondente alla nostra quota in Bce, tramite Banca d’Italia) sugli 89 miliardi di liquidità d’emergenza (programma Ela) erogata agli istituti greci da Francoforte tramite la Banca centrale di Atene.
– Infine 14 miliardi versati dall’Italia al Mes, ma che saranno attivati solo nel caso di sì il referendum e di avvio di un terzo programma di aiuti.

L’unico vero costo per l’Italia derivante da una possibile Grexit (peraltro non legata in modo automatico a un eventuale no al referendum di domenica), costo di cui lo stesso governo italiano si preoccupa, è quello sul servizio del debito, legato cioè all’andamento dei tassi sui nostri titoli. Le stime si aggirano su appena 2-3 miliardi nel 2015. E tra l’altro l’impatto potrebbe subito essere attutito dallo scudo della Bce che sarebbe pronta addirittura a rafforzare la portata del Qe (magari portandolo a 80 miliardi al mese), ipotesi di cui già si discute a livello di Consiglio direttivo di Francoforte.

Inoltre, sul fronte delle emissioni, l’Italia si è già portata molto avanti con la raccolta del 2015 e ha completato oltre il 60% del collocamento di Btp decennali previsti per l’anno in corso, mentre ad aprile era stato piazzato il 42% dei titoli dell’intero programma annuale. Dunque, in ogni, caso l’eventuale burrasca sui nostri titoli sarebbe poco più che una tempesta in un bicchiere d’acqua da qui a fine 2015.

Sul fronte degli scambi commerciali, infine, i volumi sono tradizionalmente ridottissimi (la Grecia è un Paese abbastanza chiuso), tanto che Standard&Poor’s prevede un danno al Pil di appena lo 0,2-0,3% per Paesi come Italia, Francia e Germania. 

Come si vede, a differenza di quanto sostiene certa stampa, l’Italia non vedrebbe affatto sfumare 60 miliardi dall’oggi al domani a seguito di un default greco. L’impatto è già contabilizzato, come dice lo stesso Padoan. Le chiacchiere stanno a zero.


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Simone Valente è nato a Savona il 12 gennaio 1987. Nella XVIII Legislatura ricopre l'incarico di Sottosegretario al ministero per i rapporti con il Parlamento e la democrazia diretta.

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